POSITIVISMO
Nella seconda metà dell’ ‘800 si afferma, in Europa, il Positivismo, una corrente di pensiero che nasce da una impostazione filosofica antispiritualistica e antiidealista. I positivisti fondano la pedagogia su una solida base scientifica e la collegano con le altre scienze umane, facendone un veicolo di miglioramento sociale. Spencer ritiene che il fine dell’educazione sia la preparazione ad una vita concreta sotto l’aspetto personale e sociale.
Tale
modello educativo, nello sfondo della società tecnico-industriale,
ha il proprio criterio nella categoria “dell’utile”, dove è
possibile assegnare dei “valori” diversi a diversi saperi, a
seconda della loro utilità.
Tale impostazione viene condivisa
anche dal positivismo italiano che deve, tuttavia, confrontarsi con
il grave analfabetismo e con la questione sociale.
Angiulli
sostiene che la vera essenza morale dell’educazione consiste, non
solo nell’allevare le nuove generazioni e adattarle ai rapporti
sociali esistenti, ma anche nell’insegnare loro nuove abitudini,
nel modificare i rapporti esistenti, in modo da produrre nuove
conquiste nel progressivo miglioramento della vita.
La stessa
attenzione è presente anche in Aristide Gabelli, favorevole ad
affiancare educazione (indurre l’alunno a pensare in maniera
autonoma e razionale) e formazione (orientata alla particolare realtà
sociale).
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