PEDAGOGIA

 GIOVANNI GENTILE 

Il pensiero filosofico
Gentile si laurea con una tesi su Rosmini e Gioberti, ispiratori del suo pensiero sia per la metafisica spiritualistica e per l’afflato religioso, sia perché i due autori sono interni alla tradizione nazionale e cattolica italiana. Il Soggettivismo trascendentale kantiano, il Romanticismo di Vico, Rosmini, Gioberti, Mazzini e l’Idealismo hegeliano e posthegeliano, con le tre forme dello Spirito assoluto - arte, religione e filosofia - e la dottrina dello Stato etico, sono tra i suoi maggiori ispiratori, mentre principale bersaglio polemico è l'intellettualismo scientistico nelle sue varie forme. Alterno e problematico il suo rapporto con Benedetto Croce (1866-1952). 
È lo stesso Benito Mussolini a fornire quella definizione della riforma scolastica di Gentile, mistificando in realtà per opportunità politica la sua essenza, alla cui base sta piuttosto il dibattito idealistico/positivistico del primo Novecento, di cui uno dei protagonisti, Giovanni Gentile (1875-1944), è stato il filosofo-pedagogista che maggiormente ha influenzato la scuola italiana nel secolo XX e che ancor oggi vi esercita una certa influenza indiretta.

La filosofia di Gentile è stata riferimento per la pedagogia non solo idealistica nell’Italia del Novecento: per fare un solo riferimento, i programmi per la scuola elementare del 1955 descrivevano un “fanciullo artista”, “tutto intuizione, fantasia, sentimento” che ha origini dal sodalizio fra Giovanni Gentile e Giuseppe Lombardo-Radice (1879-1938).
Il pensiero di Gentile è noto con il nome di idealismo attuale, o attualismo. Con questa formula egli intende difendere una concezione della filosofia come pensare vivente, capace di risolvere in sé dialetticamente ogni contenuto. La critica da lui mossa a tutte le filosofie precedenti, e soprattutto alla filosofia di Hegel, è quella di essere delle dottrine del "pensiero pensato", ossia di una concettualità astratta e priva di vita, perché separata dall'attualità del "pensiero pensante" o dall'"atto in atto". Solo il pensiero pensante è dialettico, perché produttore dell'oggetto, che è propriamente il soggetto stesso in quanto diventa altro da sé. Il pensiero, quando si autoproduce sulle prime tratta il prodotto come assolutamente opposto a sé, come alcunché di estraneo, poi riconosce che l'oggetto nella sua alterità è il soggetto stesso oggettivato, e lo risolve in sé, cioè lo fa identico a sé. Il risultato dell'identificazione di soggetto e oggetto, però, rende di nuovo il soggetto privo dell'oggetto, cioè lo rende astratto. Allora il soggetto, dovendo superare la sua condizione astratta, fuoriesce nuovamente da sé. Ricomincia, perciò, una situazione oppositiva di natura dialettica, la quale stimola al trapasso in un altro momento sintetico, e così via all'infinito. Tre sono, dunque, i momenti della vita del pensare: 1. il soggetto nella sua iniziale separazione, o astrazione, dall'oggetto; 2. l'oggetto nella sua opposizione al soggetto; 3. la sintesi di soggetto e oggetto, come finale identificazione, o risoluzione, nel soggetto dell'estraneità dell'oggetto. Questi tre momenti della dialettica dell'atto sono anche i tre atteggiamenti fondamentali o le tre "forme" dello spirito, cui corrispondono, rispettivamente, l'arte, la religione e la filosofia. Collocazione incerta finisce per avere in Gentile la scienza, a volte assimilata all'arte, a volte alla religione.  


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